Emilio Scanavino nasce a Genova il 28 febbraio del
1922. Il padre Sebastiano è teosofo e la madre, Maria Felicina Sterla, è
fervente cattolica. Queste due culture determineranno in seguito il
conflitto interiore, che caratterizza la personalità e l’espressione
dell’artista.
Nel 1934 frequenta la scuola magistrale di Genova e nel 1938 il Liceo
Artistico Nicolò Barabino, dove diventa allievo di Mario Calonghi, figura
di grande stimolo culturale e dove avviene la sua prima formazione:
paesaggi e soggetti umili sono le opere realizzate fino alla fine degli
anni Trenta, che Scanavino presenterà nel 1942 nella mostra personale
presso il Salone Romano di Genova. Nello stesso anno si iscrive alla
Facoltà di Architettura dell’Università di Milano, ma nel 1943 è chiamato
alle armi e deve abbandonare gli studi.
Nel dopoguerra si sposa con Giorgina Graglia, conosciuta durante gli anni
del liceo; lavora come disegnatore tecnico presso l’amministrazione
comunale di Genova e aderisce al clima di rinnovamento culturale e
artistico della sua città. L’atelier dove vive e lavora è sopra le mura
dello Zerbino. Nelle tele di questo periodo ricorrono moduli linguistici
di declinazioni espressionista.
Nel 1947 Scanavino si reca per la prima volta a Parigi dove soggiorna
qualche tempo e, accanto ai critici, incontra i poeti e gli artisti,
Edouard Jaguer, Wols, Camille Bryen. L’esperienza parigina si rivelerà
fondamentale nel suo percorso stilistico, in particolare per gli echi del
postcubismo che assimila e interpreta in chiave personale fin dal 1948,
quando espone alla Galleria l’Isola di Genova. Alle suggestioni della
lezione di Picasso verso la fine del decennio Scanavino avverte anche
l’influenza delle contemporanee esperienze astratte.
Nasce la figlia Paola.
Nel 1950 alla XXV Biennale di Venezia espone Soliloquio musicale e suscita
l’attenzione della critica. Nello stesso anno riceve ex aequo il Primo
Premio alla V Mostra regionale genovese. Si dedica completamente alla
pittura, affermandosi da questo momento in avanti nell’ambito dell’arte
contemporanea internazionale.
Nel 1951 s’inaugura una mostra personale alla Apollinaire Gallery di
Londra. Conosce Philip Martin, Eduardo Paolozzi e Francis Bacon: le opere
di quest’ultimo in particolare lasciano in Scanavino un segno profondo.
Ad Albisola, in Liguria, frequenta il laboratorio di ceramica di Tullio d’Albisola,
dove incontra e stringe amicizia con Fontana, Dangelo, Baj, Dova, Crippa,
Jorn, Appel, Corneille del gruppo Cobra, Matta, Lam. Accanto agli artisti
incontra e frequenta Jaguer e Verdet, che Scanavino ha già conosciuto a
Parigi dove continua a tornare anche per brevi viaggi fino al 1958. In
questo periodo incontra e conosce anche Carlo Cardazzo, destinato a
diventare nel giro di poco tempo il suo attento e lungimirante mercante.
Nel 1952 è titolare della cattedra di disegno e figura presso il Liceo
Artistico di Genova. Il critico Guido Ballo e i galleristi Le Noci,
Schwarz e Gastaldelli si interessano alla sua ricerca.
Nel 1953 gravita intorno al gruppo milanese degli spazialisti, che ha come
punto di riferimento la Galleria del Naviglio, senza mai aderire
ufficialmente agli intenti del movimento, e sarà inserito nel volume di
Giampiero Giani Spazialismo: origini e sviluppi di una tendenza artistica,
pubblicato nel 1956.
Nel 1954 Scanavino è nuovamente invitato a esporre alla XXVII Biennale di
Venezia, partecipa al primo degli Incontri Internazionali della ceramica,
organizzati ad Albisola da Jorn.
Nel 1955 riceve il Premio Graziano. La poetica dell’informale si delinea
nel segno e nella materia. Scanavino entra in contatto con Peppino
Palazzoli della Galleria Blu, sensibile alle più contemporanee ricerche
della poetica dell’Informale europeo.
Nel 1956 Scanavino alterna il soggiorno parigino a brevi viaggi a Londra,
dove incontra di nuovo Eduardo Paolozzi, del quale diventa amico; mentre
più tardi, nel 1958 quando Scanavino è a Parigi, frequenta Bertini e Dova
coi quali vede Corneille, Poujet e lo stesso Jaguer.
É in questi anni, più precisamente nel 1957, che avviene l’incontro anche
con un giovane critico, che sarà uno degli studiosi dell’Informale
italiano ed Europeo, Enrico Crispolti, con cui Scanavino terrà un
importante carteggio (cfr. R. Ferrario, Scanavino/Crispolti. Carteggio
1957-1970, Silvana Editoriale, 2006). Dal carteggio emergono l’attualità
della poetica del segno e della materia di Scanavino e il confronto del
suo linguaggio pittorico con l’informale di matrice europea, in
particolare con la lezione di Wols, Mathieue con le suggestioni di Bacon e
di Paolozzi.
Nascono in questo periodo i primi Rituali e gli Alfabeti senza fine, i
temi che ricorrono nella pittura di Scanavino: il segno si fa protagonista
sulla tela di un racconto ritmato, di un tempo sospeso, di pieni e vuoti
di presenze suggestive, evocate nell’ombra dello studio o nella natura di
Calice Ligure, dove, alla fine degli anni Sessanta, Scanavino sposterà il
suo studio per alcuni periodi dell’anno.
Nel 1957 Scanavino realizza anche il bassorilievo per il Genio Civile di
Imperia, esempio del dialogo e della costante verifica che Scanavino attua
fra pittura, scultura, ceramica e arti applicate e ravvisabile nella coeva
produzione di oggetti in ceramica, vasi, formelle e nelle sculture (cfr.
G.Graglia Scanavino, G.M. Accame, Scanavino. La scultura 1952-1980,
Documenti dell’Archivio Scanavino, Edizioni Aspasia, Bologna, 2004)
Nel 1958 è invitato alla XXIX Biennale di Venezia riceve il Premio
Prampolini e al X Premio Lissone (Premio acquisto per l’Ecce Homo,
1956-1957).
Si trasferisce con la famiglia a Milano e inizia un rapporto esclusivo con
Cardazzo. Conosce Gianpiero Giani, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco
Russoli e Alain Jouffroy.
Nel 1960 è invitato alla XXX Biennale di Venezia con una sala personale.
Vince il Premio Spoleto, il Premio Sassari, il Premio Valsesia e il Premio
Lignano.
Nel 1962 acquista una casa a Calice Ligure e la trasforma in atelier.
Nel 1963 riceve il Premio La Spezia.
Nel 1966 Scanavino è invitato di nuovo alla XXXIII Biennale di Venezia con
con una sala personale: vince il Premio Pininfarina.
Nel 1968 risiede a Calice Ligure, dove si stabiliscono molti altri artisti
che formano intorno al maestro una piccola comunità.
Nel clima di ritorno alla figurazione Scanavino partecipa alla rassegna
Possibilità di Relazione (L’Attico, Roma, 1960) e le due edizioni di
Alternative Attuali (L’Aquila, 1962-1965) con le quali Crispolti cerca di
fare il punto sulla situazione di “superamento dell’informale” grazie a
una oggettivazione delle forme.
Nel 1965 Scanavino espone alla Quadriennale e nel 1966 è di nuovo
protagonista alla Biennale di Venezia con una sala personale in cui espone
grandi tele, accompagnate in catalogo da un saggio di Guido Ballo.
Nel 1970 riceve il Gran Premio alla Biennale di Mentone.
Nel 1971 si trasferisce per qualche tempo a Roma ed è invitato alla
Biennale di San Paolo del Brasile insieme con Alik Cavaliere: i due
artisti realizzano l’opera-installazione Omaggio all’America Latina, un
grande retablo in omaggio ai martiri per la libertà dei popoli
latinoamericani composto da nove pannelli di legno dipinti a olio con
innesti di sculture in bronzo, argento e alluminio. I pannelli, suddivisi
in 156 riquadri secondo l’iconografia degli alfabeti senza fine di
Scanavino, riportano ognuno il nome di un martire per la libertà
misteriosamente scomparso e la cui documentazione anagrafica è stata
ritrovata da Cavaliere e Scanavino nei registri degli archivi dei
consolati di San Paolo. L’opera venne censurata per il soggetto “di natura
politica e quindi extra artistica”; tornato in Italia il “retablo” diventò
simbolo di libertà, richiesto da istituzioni pubbliche, da galleristi e
dagli studenti della Facoltà di Architettura dell’Università Statale di
Milano per la manifestazione con Giorgio Gaber. Oggi - grazie al restauro
del 2003 dovuto alla collaborazione tra i rispettivi archivi degli artisti
e l’accademia di Belle Arti di Brera – l’opera è esposta al Museo della
Permanente di Milano.
Lungo gli anni Settanta Scanavino trascorre periodi sempre più lunghi
nella sua casa di Calice Ligure; il suo segno si semplifica e si raccoglie
in griglie o architetture geometriche, che preludono a una riflessione
sull’oggettivazione della pittura.
Nel 1973 la Kunsthalle di Darmstadt gli dedica una vasta e approfondita
antologica. La mostra, modificata in alcuni punti, è itinerante in Italia,
a Venezia a Palazzo Grassi e a Milano a Palazzo Reale.
Nel 1976 Scanavino alterna la sua attività artistica tra Parigi e
l’Italia.
Tra il 1979 e il 1980 espone alla Galerie Matthias Fels di Parigi e a
Palazzo Massari a Ferrara. Negli anni Ottanta partecipa alle mostre
dedicate alla pittura degli anni Cinquanta e Settanta.
Tra il 1984 e il 1985 si svolge una sua mostra personale a Firenze al
Palazzo dei Congressi e a Tours, presso il Chateau de Tours.
Muore a Milano il 28 novembre del 1986.
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