Genova 2005

Quando vai a trovarlo nello studio vorrebbe che si capisse che nei suoi quadri c'è tutta la vita: c'è la tecnica, c'è la tela che non risponde bene e il colore che non prende, c'è tutta la fatica dell'esistenza, gli occhi che bruciano, la mano che non si ferma, e sembra seguire la sua via, in balia di imprevedibili rtmi, il tratto di matita che scivola nervosa a incidere o graffiare il pigmento: sarà per questo che non ti parla mai direttamente dei quadri, come se venissero da chissa quale altro pianeta. Randazzo non indulge alla figuravità o alla rappresentazione naturalistica, come se conoscesse il imite sottile tra quello che della forma può e deve essere restituito alla superficie della tela e ciò che deve essere trasceso.

 Quando una figura appare un po' più corposa, più satura di colore, concedendosi per un attimo al piacere del concretezza del pigmento "materia", subito viene cancellata o alleggerita quasi per consentirle di sfuggire alla gravità, attratta da sottili forze, sospesa in fantastiche trame.E credo sia questo il percorso naturale di chi ha esplorato in un lungo itinerario la relazione tra forme e segni, artefice attento e sensibile di un curioso inseguirsi di tracce sopra sperfici, come partiture musicali. Anche oggi le sue figure sembrano godere di una sorprendente vitalità, della quale è lecito chiedersi la provenienza. è probabile che l'artista, che procede sicuro nella sua instancabile ricerca senza alcuna preoccupazione di stile, abbia trovato il modo per trascrivere attraverso gli intrecci delle forme "fattesi più impalpabili e trasparenti" i suoni e le vibrazioni che sono proprie del pulsare della vita.

Silhouettes come anime dunque, e non figure, essenze immerse in un continuum con l'energia. Randazzo ha colto, anche se non consapevole, il punto preciso in cui la forma si completa "gestalt conchiusa" e sa fermarsi in esso, soddisfatto per un attimo, oppure continua a trasformare finchè la forma stessa non raggiunge questo punto di collasso. Per l'artista vero non c'è forma precostituita: egli parte da un idea, da un oggetto osservato direttamente o nella memoria, ma appena il pensiero diventa gesto, incontra la resistenza della carta, la trama della tela, e il pigmnento scende in modo bizzarro tra i filamenti del pennello fino a diventare traccia e tutta un'altra storia, la storia si fa proprio lì: d'improvviso si crea una nuova atmosfera come se una porta "limite" barriera si fosse aperta lasciandoci intuire altri livelli e intravedere altri "suoni".

Paola Barbicinti


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